Che succede ad Unicredit?

Un ironico tweet di un amico ed i commenti di altri mi fanno capire come il mondo reale sia spesso particolarmente lontano, in termini di conoscenza, da quello della finanza.

Che succede ad Unicredit?
Che succede ai correntisti di Unicredit?

In Italia qualunque conto corrente è “coperto”, fino alla ragguardevole cifra di 100.000 euro, da un fondo rischi garantito dalla banca d’Italia, o dallo stato stesso.
Quindi, anche in caso di fallimento dell’istituto, i correntisti possono dormire sonni tranquilli.
Chi in questo momento sta pagando, e forse pagherà ancora più caro nei prossimi giorni, sono invece gli azionisti, specialmente i piccoli.
Il titolo in borsa sta infatti scendendo vertiginosamente. Solo nell’ultima settimana ha lasciato sul terreno il 37% del suo valore. Questo è il risultato di una serie di fattori, non ultimo l’aumento di capitale in corso proprio in questi giorni. I grossi investitori stanno vendendo parecchio (e stanno vendendo anche i diritti di acquisto) con l’idea di finanziare l’aumento di capitale, probabilmente.
Certo, a questo livello di valutazione, un investitore estero molto danaroso (un’altra banca?) potrebbe pensare di acquisire il controllo di Unicredit. Non sto dicendo che succederà, sto solo dicendo che oggi questa operazione costerebbe un quinto (forse meno) di quanto sarebbe costata un anno fa.

L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro

Stamattina mi è toccato assistere ad una conversazione piuttosto deprimente. Madre e figlia litigavano. La figlia (nei pressi dei quaranta, direi) rimproverava alla madre, piuttosto anziana, di averla lasciata praticamente senza soldi, in termini di liquidità. “che me ne faccio di quella casa? Era meglio non investirli, i soldi, così adesso ne avremmo ancora! Cavolo, un milione di euro…”. E la madre a spiegare (ma ce n’è bisogno?!?) che i soldi, se non li investi, sarebbe corretto dire “se non li fai fruttare”, prima o poi finiscono…

La cosa che mi ha colpito di più è che per tutta la discussione, durata alcune decine di minuti (e poi forse di più) nessuna delle due abbia mai accennato alla possibile attività lavorativa come fonte di reddito e dunque di sostentamento.

Poi dici l’equilibrio sociale…

Superenalotto, una tassa per gli stupidi

Tecnicamente, per quelli scarsi in matematica.

E’ così che possono essere definite più o meno tutte le lotterie. Nel caso del superenalotto in particolare la probabilità di vincere è davvero bassissima (sarebbe centinaia di volte più probabile venire colpiti da un fulmine, per dire), ma giornali e televisioni continuano a ricordarci che c’è un jackpot milionario (oltre 135 Milioni di Euro, adesso) che potrebbero cambiarci la vita (come se 20 Milioni di Euro fossero invece un contentino…).

La matematica suggerisce di non giocare, dunque. Ma la psicologia lavora nel verso opposto. In una interessante analisi il Professor Lloyd Cohen spiega le ragioni irrazionali che stanno dietro alla consapevole scelta di buttar via un Euro. Il solo fatto di giocare la lotteria accende nel giocatore deliranti sogni (piscine, vacanze, lusso, luoghi tropicali…) un po’ come fanno le patinatissime riviste di Lifestyle.

Dunque, se ve ne fregate del calcolo delle probabilità e volete comprare un sogno da un Euro, andate in tabaccheria e giocate sei numeri. E se siete troppo pigri per inventarveli, potete trovarli qui, augurandosi che siano quelli giusti.

Ah, un’ultima cosa: se per caso doveste vincere coi numeri che indirettamente vi suggerisco, beh, mi aspetto un cspicuo segno di gratitudine! 🙂

Post-Post-Scriptum: le lotterie di stato mi fanno incazzare non poco. Si tratta di una forma di prelievo (benchè in un certo senso volontario) che va a colpire – in alcuni casi in maniera grave e patologica – solamente le fasce sociali meno abbienti. E l’uso dei mzzi di comunicazione per incentivare le persone a giocare mi sembra davvero inaccettabile. Lo stato preleva mensilmente 3/400 milioni di euro dalle tasche dei cittadini, con questo meccanismo. Ma lo fa dalle persone sbagliate.

La corsa a (scaricare) il dollaro

Le notizie, almeno sulla stampa italiana, sono ancora scarsissime, mentre le agenzie internazionali qualcosa raccontano, ipotizzano, immaginano…

Se volete farvi un’idea, potete leggere questo resoconto di un blogger che etichetta il caso come “The Italian Incident”.

Molto in sintesi: due giapponesi si sono fatti beccare sulla frontiera Italia-Svizzera (a chiasso) con due valige nel cui doppiofondo erano nascosti (per quanto si possano nascondere due giapponesi in un treno di pendolari europei) ben 134,5 Miliardi di dollari in titoli di stato (treasuries) del governo americano. Peraltro dei titoli di stato che per loro natura non vengono mai consegnati a clienti generici, ma appartengono tipicamente a banche centrali. Si tratta infatti di “pezzi” da 500 e 1000 Milioni di dollari.

Le ipotesi

Il blog che ho linkato fa un’ipotesi un po’ azzardata: il governo giapponese sta cercando di scaricare sul mercato nero quasi un terzo del suo credito in treasuries americani, nel tentativo di non svalutare lo stesso dollaro facendo la stessa operazione alla luce del sole.

Fanta-finanza? Chissà…