Scene che forse (come me) vi siete persi…

Me l’hanno raccontata ieri sera a cena, Io non ci volevo credere. Già sul discusso personaggio se ne dicono parecchie, ma non riuscivo a credere che avesse aggredito così il Giudice Falcone. A dirla tutta sarebbe necessario trovare una versione integrale del video, ma ho come l’impressione che la cosa non cambierebbe di molto.
Apriamo gli occhi…

Free Burma

La copertura di giornali e televisioni non ha già più l’intensità dei giorni scorsi. Ma molti, sono sicuro, non si possono togliere dalla mente le atrocità che ci hanno fatto vedere. E forse ancora di più quelle che non abbiamo visto. Ecco, l’unico post di oggi è dedicato alla Birmania, per quello che può valere il nostro piccolo contributo.

Free Burma!

Potete farlo anche voi, seguendo queste semplici istruzioni:

1) Pubblicate un post, una pagina o un contenuto (sul vostro blog, social network, forum, pagina web statica personale) con la scritta: “Free Burma

2) Se potete, usate il Tag: “Free Burma

3) Inserite uno dei banner presenti sul sito web: “Free-Burma.org

4) Inserite un link a: “free-burma.org

In questo modo i lettori potranno trovare le informazioni su questa campagna riguardante la Birmania e aggiungersi alla lista di partecipanti.

I Webmaster possono utilizzare questo gruppo speciale

5) Sentititevi liberi di scrivere qualsiasi testo addizionale.

In questo aggregatore trovate le informazioni in tempo reale sulla situazione in Birmania.

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Broad Band Business Forum 2007

Premessa: vorrei dare il benvenuto a Luca, che con questo post lucidissimo sui temi discussi al recente BBF2007 inaugura la sua partecipazione a questo blog come autore.
Eugenio

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I due giorni del forum romano sulla banda larga e gli scenari futuri e futuribili della comunicazione sono stati per molti l’indicazione – forse già scontata – di un Italia che anche in questo procede a due velocità, se non a tre o a quattro.

Da un lato il dibattito di chi le regole le ha sempre fatte perché investito di un potere politico o economico, dall’altro chi coraggiosamente prova a cambiarle, vuoi sperimentando nuovi modi di utilizzo della tecnologia, vuoi promuovendo dibattiti e progetti innovativi per la diffusione e la fruizione dei nuovi media (Digital Media in Italia).

Ma i due mondi non sono più, come spesso in passato, scarsamente permeabili l’uno all’altro. Molti segnali vanno ormai verso una reciproca comprensione, a cominciare dal dibattito sulle infrastrutture di rete, uno scambio che per quanto tardivo resta comunque fondamentale: si tratta delle due questioni che più stanno a cuore ad operatori e fruitori della rete, la regolamentazione degli accessi WiMax e lo scorporo della rete Telecom Italia.

Sulla prima i giochi sembrano ormai fatti, anche se molti operatori hanno espresso i loro dubbi sulla possibilità che ci sia un orientamento verso lo standard 802.16d, piuttosto che verso il più recente 802.16e.
Il dubbio nasce dalla disponibilità di apparati che supportano il nuovo standard e quindi dagli investimenti già fatti da produttori e operatori di rete in questa direzione.

Sul secondo punto l’unica cosa certa è che fintanto che l’assetto proprietario di Telecom Italia e soprattutto il suo piano industriale non saranno ben definiti, né gli altri operatori né l’Agcom né il governo sembrano intenzionati a muoversi.

E’ comprensibile anche in virtù del fatto che il dibattito su quale sia il modello giusto per lo scorporo registra pareri discordi non solo nel nostro paese ma anche nel resto d’europa.

Personalmente, qualunque sia la forma societaria, sposo in pieno l’idea della One-Network, con investimenti condivisi dagli operatori ed accesso paritetico a fornitori di servizi e contenuti.
Una rete che non sia l’insieme di tanti recinti (walled gardens) scarsamente comunicanti, ma una superfice flat su cui far viaggiare i contenuti – anche tutelandoli sotto il profilo del diritto d’autore – ma senza barriere di tipo tecnologico o normativo.

D’altra parte una ‘buona’ copertura in fibra del territorio, come sottolineato da Schneider (ad Alcatel-Lucent) richiede un investimento di circa 13/14 Mld ed è impensabile che una singola impresa pianifichi un investimento del genere senza precise garanzie sulla bontà del business case.
Un punto rilevante sta proprio nella fattibilità degli investimenti: non esiste un business case unico per la banda larga nel nostro paese, ma piuttosto una differenziazione per zone, alcune ‘valide’ altre meno.

Scheneider parla di zone “business driven”, in cui gli investimenti si ripagherebbero con certezza, ma anche di zone “Risk driven e Policy driven”, in cui il rischio va affrontato “scavando una volta sola e mettendo in comune le spese”.

E’ un tema su cui va dato atto al Garante di aver avviato un tavolo di confronto aperto, come testimoniato dall’audizione tenutasi a Napoli pochi giorni fa, cui hanno partecipato tutti gli operatori di rete alternativi, per la prima volta in forma congiunta e con una proposta comune, un gruppo di imprese che esprime complessivamente circa 16 Mld di fatturato.

Emerge chiaramente il ruolo complementare e non sostitutivo del WiMax come modalità di accesso al backbone, laddove la fibra non sia applicabile per motivi geografici e/o economici.
Un ruolo che è quindi fondamentale (insieme a tecnologie di accesso non soggette a licenze e più granulari, quali il WiFi) per colmare una condizione di Digital Divide che vede nel nostro paese ancora 6 mln di persone ai margini delle autostrade digitali, se non completamente al di fuori.

E poi il tema dei contenuti, forse in fin dei conti il più interessante perché più vicino all’utilizzo della rete piuttosto che alla sua costruzione “fisica”.

Su questo la differenza di velocità tra il nostro paese e gli altri si avverte in modo stridente.

In un mondo dove i contenuti autoprodotti e la comunicazione Peer To Peer (cioè non mediata da una rete proprietaria) sono una realtà consolidata, dove il principio di Tv generalista e lineare viene fatto a pezzi dalle nuove generazioni di utenti, dove il marketing ha serie difficoltà ad individuare i gusti comuni dei ‘giovani’ perché si sono polverizzati e cambiano continuamente inseguendo il tam tam delle chat, assistiamo ancora ad una battaglia tra imprese medioevali per mantenere le sacche di profitto guadagnate con la fonia prima e gli sms poi.

Impedendo l’interoperabilità tra le piattaforme, cioè il diritto degli utenti a fruire di qualunque contenuto e quello degli autori ad offrirlo su tutte le reti e con tutte le modalità di accesso, i grandi operatori di telecomunicazione del nostro paese limitano un mercato nascente con potenziali di crescita altissimi.

Si tratta di pura cecità manageriale, poiché questi signori sono convinti di portare avanti business case in realtà morti e sepolti da tempo.

Illuminante in questo caso l’esempio di Skype, che dichiara ad oggi 220 milioni di clienti attivi (cioè non semplicemente registrati) ed il 4,4% delle telefonate business mondiali ‘skypizzate’ in nome di evidenti riduzioni di costo.
E tutto ciò passando favolosamente ‘al di sopra’ degli operatori Telco tradizionali (e forse in parte anche alle normative nazionali sulla legal interception), che di quel business intercettano poco o niente, se non magari i soldi delle tariffe flat di accesso alle reti.

In generale non vi è più la necessità di pagare per la chiamata, poiché il servizio di comunicazione è ormai qualcosa di più ampio, che vede nella voce solo una delle possibili opzioni, uno dei tanti servizi veicolabili dalla rete.

Da qui il dubbio: cosa mi offre in più l’operatore che non posso avere da una semplice connessione a banda larga ?
Ed infatti molte delle comunicazioni personali ma anche di lavoro si sono spostate su Messenger e Google Talk per la messagistica, su Fring per il mobile …ed ovviamente su Skype.

D’altra parte sono stati proprio loro, i decisori del marketing e dei bilanci delle comunicazioni, a tariffare anni fa i dati rispetto alla voce, quando ancora i primi sembravano una briciola da smanettoni ed i secondi l’unica forma di comunicazione possibile.

E’ così che gli operatori tradizionali si sono preparati il nodo della corda che li sta impiccando, prezzando i dati un ordine di grandezza sotto la fonia, senza immaginare che non sarebbe passato molto tempo prima di assistere al sorpasso dei primi sulla seconda
(cfr. Stefano Quintarelli, fondatore di Inet e fonte inesauribile e lucidissima di informazioni).

Ed ora provano a mantenere i profitti sostenendo che alla fine dei conti trasporto dei dati e fornitura dei contenuti siano la stessa cosa, la logica della “tribù” e dell’integrazione verticale tra rete e servizi.
La logica della non interoperabilità..

Fa scuola in questo senso la scelta del più grande operatore europeo, British Telecom, di cambiare pelle già alcuni anni fa, cedendo la divisione mobile e trasformandosi in un fornitore di servizi ICT, con offerte ‘verticali’ orientate alle imprese ed alle Pubbliche Amministrazioni, che vanno dalla Telemedicina al Team working alla Infomobility.

Un discorso che da noi per ora rimane nelle considerazioni di pochi illuminati, ed in qualche presentazione colorata, sempre in nome dei margini da medioevo, quelli sicuri ma sempre più risicati.

Le buone notizie da noi cominceranno quando al Broad Band Business Forum non si sentirà più parlare di rete, ma solo di contenuti.

Luca

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Referendum Elettorale

Mi fareste una cortesia? Potreste per favore controllare sul sito dove si trova il tavolo più vicino al vostro luogo di villeggiatura, uscire di casa (diciamo con la scusa di un bel gelato o una fresca granita di limone in piazza), e andare ad apporre anche la vostra firma accanto a quella di tanti altri? Ne mancano ancora un po’, e la scadenza è ormai prossima.

Vi ricordo uno solo dei (tanti) motivi per farlo: i terzo quesito referendario, ovvero quello per l’abrogazione delle candidature multiple:

Oggi la possibilità di candidature in più circoscrizioni (anche tutte!) dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi (il “plurieletto”). Questi, optando per uno dei vari seggi ottenuti, permette che i primi dei candidati “non eletti” della propria lista in quella circoscrizione gli subentrino nel seggio al quale rinunzia. Egli così, di fatto, dispone del destino degli altri candidati la cui elezione dipende dalla propria scelta. […] 1/3 dei parlamentari sono scelti dopo le elezioni da chi già è stato eletto e diventano parlamentari per grazia ricevuta.

Questa non è democrazia.

19/7/1992 – Paolo Borsellino: per non dimenticare

Alla prima occasione che ho avuto di scrivere la data odierna – ero in banca – un pensiero nitido mi è balenato in testa. E mi ha proiettato, ma giuro, con una nitidezza di particolari impressionante, in un posto analogo allo sportello bancario nel quale mi trovavo: lo sportello di un “ufficio cambio”, a Londra, nel 1992. Ero con degli amici a fare la classica vacanza studio (Thanks God I learned English elsewhere!), e stavamo cambiando i nostri Travellers Cheques in sonanti sterline, quando un notiziario alla TV diede comunicazione dell’attentato nel quale aveva perso la vita Paolo Borsellino.
Non ho davvero idea del perchè la notizia mi colpì a quel modo! Solo pochi mesi prima ero passato sulla strada di Capaci, due giorni prima dell’attentato a Falcone. Eppure la morte di Borsellino, più lontana fisicamente, mi sconvolse in maniera particolare.
So comunque che non dimenticherò il dolore di quei momenti, né la rabbia, né le lacrime delle famiglie. Né il valore di certe persone.
E forse è giusto che nessuno dimentichi.

“Picchiare le donne è tradizione siculo-pakistana”

Il primo commento che ho condiviso è quello in testa al post di Aioros.

No, perchè l’uscita di Amato è stata qualcosa di abbastanza clamoroso. Ne parlava oggi Repubblica.it.

Dopo essersi lasciato scappare la frase che da il titolo a questo post, e a valle delle roventi polemiche che hanno seguito il commento, il ministro dell’interno ha tenuto a precisare che “da siciliano” ha “parlato di una Sicilia che non esiste più”.

Vabbuò…io per fortuna resto senza parole (altrimenti me le censurerebbero…).

Veltroni: il discorso integrale

Dopo l’entusiasmo acceso dall’iniziativa romana, dopo la prima parziale delusione (o disillusione?) dovuta ai toni delle chiacchiere in seno a i Mille, dopo aver letto i commenti di Suzukimaruti sull’intenso discorso di Veltroni, ho potuto leggerlo, parola per parola. E ne sono rimasto spiazzato e soddisfatto.
Spiazzato perchè forse non mi aspettavo di arrivare in fondo, in un discorso di oltre un’ora, senza scuotere la testa e sbuffare al pensiero di “frasi già dette”, “promesse già fatte”. E soddisfatto da molte cose, fra cui l’indicazione di specifici obiettivi, e soprattutto la presenza dei numeri. Si, ecco, non tutti leggibili, o facilmente misurabili, ma comunque potenziale misura del raggiungimento di quegli obiettivi che ci si propone di raggiungere.

Web e politica (sarà il “Partito Democratico”?)

Non ho mai scritto un post “politico”, non c’è una categoria apposta, e forse neanche questo in realtà lo è. Ma mi va di utilizzare questo spazio, questo canale, per raccontare (più che promuovere) una iniziativa che sta prendendo corpo su una base molto solida e sicuramente ricca di energia.

L’altro ieri si sono riunite a Roma una quarantina di persone, provenienti da varie parti dell’Italia e dall’estero, con un obiettivo nobile e delineato.

[…] creare una lista che partecipi alle primarie per la costituente del PD, che accolga tutti quelli che oggi non ci sono, che non trovano spazio, per coinvolgere nel progetto del Partito Democratico tutti quelli che ritengono che il PD debba essere semplicemente un partito moderno, democratico, laico e di sinistra.

Ne parla Ivan Scalfarotto, in un post dal titolo evocativo: i Mille! E ne parlano tanti altri.
Siccome sono tantissime le pagine già dedicate a questa iniziativa, sfrutto un po’ il lavoro fatto da Mario Adinolfi, e riporto qui l’elenco:

Tanti i post di commento e sostegno all’iniziativa dei Mille, li elenco: Luca Sofri, Marco Simoni, Pennarossa, Emanuela Marchiafava, Ivan Scalfarotto, One More Blog, Progetto Mayhem, Marco De Amicis, il blog di Generazione U, Revanche, Timoteo Carpita, Cristian Umbro, Ricchiuti, Massimiliano Vatiero, Marco Esposito, Pietro Longhi, Galeardabalda, Brodo Primordiale, Claudio Barocci, Mario Castagna, Lorenzo Casale, Abele, Olmo, Pierluigi Tolardo, Daniele Verzetti…e Mario Adinolfi qua e .

Concordo su un concetto chiave: per l’Italia c’è ancora una speranza.