Youtube, il profitto, la legge e l’etica

E’ difficile parlare di quanto successo, ma sarebbe ancora più difficile non parlarne, specialmente per chi come me frequenta partecipa alla vita della Rete. La condanna dei dirigenti di Google Italia per avere consentito la pubblicazione di un orribile filmato sulla piattaforma Youtube fa e farà discutere molto. Ma l’argomento è talmente importante che merita di essere affrontato con ordine, secondo me.

Per quelli di voi che avessero vissuto sotto un sasso nelle ultime settimane, un breve riassunto.

I fatti

Nell’autunno del 2006 un gruppo di studenti di Torino pubblica un orribile video su YouTube. Il contenuto mostra un ragazzo disabile vittima di soprusi e atti di bullismo.

A seguito della segnalazione (Google dice entro poche ore dalla stessa) il video venne rimosso, e le informazioni necessarie per identificare i “colpevoli” fornite alla Polizia Postale italiana. I colpevoli vennero infatti incriminati e condannati.

A questo punto però quattro dirigenti di Google vengono incriminati per diffamazione (capo d’accusa per il quale sono stati assolti) e violazione delle norme italiane sulla privacy (capo d’accusa per il quale 3 dei 4 sono stati ritenuti colpevoli).

La colpa, secondo il giudice, sarebbe quella di non avere “impedito che il video andasse online”, censurandolo.

Il Canali e le Responsabilità

Se il video fosse andato su un canale televisivo, ad esempio mostrato durante un telegiornale, oppure se una foto parimenti deplorevole fosse stata pubblicata su un giornale, ci sarebbe stato meno da discutere: il “Direttore Responsabile” del TG o del Giornale sarebbe stato condannato, in quanto “responsabile dell’approvazione (anche indiretta tramite delegati) dei contenuti”.

YouTube invece, in quanto piattaforma, non è soggetta alle stesse regole, così come non lo è questo blog, e così come non lo è Ebay (vi sognereste di denunciare ebay per favoreggiamento alla ricettazione se pubblica la foto consente ad un suo utente di pubblicare una foto di un oggetto rubato?

Se passa il messaggio…

Se passa il messaggio che YouTube (e qualunque servizio/piattaforma consenta la pubblicazione di contenuti non sottoposti a censura preventiva) vada equiparata ad un canale televisivo o ad una testata giornalistica, obbligando il proprietario a dotarsi di una redazione che attui il controllo e la censura dei contenuti “non appropriati” (su che base, poi?), come la sentenza potrebbe lasciar pensare, molte cose sul web, almeno per noi italiani potrebbero cambiare peggiorare in maniera significativa.

Prendiamo ad esempio questo blog. Ne sono l’unico autore, e mi prendo la responsabilità di quello che io stesso scrivo (fin qui è facile). Ma al tempo stesso il blog è una piattaforma, tramite la quale consento ai lettori di lasciare dei commenti, che compaiono senza essere preventivamente sottoposti a controllo e censura da parte mia. Potrebbe succedere che un utente scriva qualcosa di non appropriato, o peggio, di gravemente lesivo della dignità o della privacy di qualcuno, o che, in generale, scriva qualcosa che si configuri come reato. Supponiamo che io semplicemente non me ne accorga per giorni (ma se rimanesse on-line solo per 2 ore, sarebbe diverso?). Molto probabilmente riceverei una email dalla Polizia Postale che mi chiede le informazioni utili a rintracciare l’autore di quel commento, e mail analoga riceverebbe il provider al fine di fornire indirizzi IP e quanto altro necessario per l’identificazione. E probabilmente la richiesta di rimuovere il contenuto offensivo. Esattamente come succede ai titolari di molte piattaforme che ospitano UCG.

Scenari possibili

Cosa potrebbe succedere in futuro? Parliamo intanto di YouTube e delle piattaforme che ospitano video. Se passasse il messaggio che il titolare della piattaforma è responsabile dei contenuti, di fatto equiparando il canale web al canale televisivo, ogni piattaforma sarebbe costretta a dotarsi di un “Direttore Responsabile” per il controllo preventivo dei contenuti da mettere on-line, e (in funzione del numero di contenuti da verificare) di un’adeguata redazione. Certo, YouTube fa profitti con la pubblicità presente nelle pagine in cui quei video compaiono, dunque – questa è la posizione di qualcuno – a fronte di quel profitto ci sono anche dei doveri. Posizione rispettabilissima.

Potrebbe dunque succedere che le piattaforme si adeguino, limando i loro profitti, ovvero sostenendo i costi delle redazioni. Il problema si sposterebbe piuttosto sulle “regole di censura”, che in certi casi potrebbero essere soggettive. Di certo cambierebbe qualcosa per gli utenti, a cominciare dal fatto di non poter mettere on-line un video subito, come avviene adesso. E cambierebbe molto “nel principio” di pubblicare ciò che si vuole, pur assumendosene le responsabilità.

Ma se la cosa venisse estesa a tutte le piattaforme e per qualunque tipo di contenuto? Flickr probabilmente chiuderebbe, per l’impossibilità di controllare in tempo reale le migliaia di foto che vengono caricate ogni minuto. La maggior parte dei blog probabilmente chiuderebbe. E Chiuderebbe Facebook, e FriendFeed e qualunque altro Social Network. O almeno, chiuderebbero in Italia

In che senso? Solo per l’Italia esiste questo problema?

Qui si apre l’immensa ed infinita questione dei “confini territoriali” inesistenti di fatto per un’applicazione web. Come si stabilisce il paese di cui applicare la legislazione? Sulla base di dove si trovano i contenuti (che per un oggetto ospitato in una cloud potrebbe anche essere estremamente difficile da determinare)? Sulla base della location ripresa nel contenuto? O della sua lingua?

Cosa sarebbe successo se fosse stato un cittadino americano a pubblicare il video del ragazzo Torinese? E cosa avrebbe fatto la procura di Milano se i ragazzi di Torino avessero pubblicato il video, chessò, di un ragazzo australiano?

Se il problema è il rispetto delle leggi di un singolo paese, non è escluso che il proprietario della piattaforma semplicemente decida di non offrire in quel paese un servizio “rischioso” (o messa in termini di profitto, non remunerativo rispetto ai costi) e di continuare invece a farlo nel resto del mondo.

E’ un rischio che siamo disposti a correre?

EDIT: un’analisi più precisa sul piano legale.

Adesso siamo noi a dare qualche informazione a Google…

In realtà è così da sempre. Solo che adesso l’informazione rischia di essere un filo delicata.

Funziona così: voi dite a Google quanto velocemente vi state muovendo, e loro possono immaginarsi quanto traffico c’è sulla strada che state percorrendo. E naturalmente possono mettere a disposizione questa informazione anche per altri utenti. Più o meno.

If you use Google Maps for mobile with GPS enabled on your phone, that’s exactly what you can do. When you choose to enable Google Maps with My Location, your phone sends anonymous bits of data back to Google describing how fast you’re moving. When we combine your speed with the speed of other phones on the road, across thousands of phones moving around a city at any given time, we can get a pretty good picture of live traffic conditions.

La mappa del traffico
La mappa del traffico

[via]

Cambia qualcosa nella ricerca di Google

Una cosa non troppo evidente e probabilmente non troppo significativa. Però è lì. E siccome si tratta di una pagina visitata parecchie milioni di volte al giorno, ecco, magari dal punto di vista del carico dei server cambia. O chissà quali motivi ci sono dietro…

Di che sto blaterando? Semplicemente di un piccolo ed ininfluente cambiamento (ancora non so se temporaneo o permanente) nel modo in cui Google visualizza i risultati di ricerca. Aggiungo anche che io l’ho notato solo adesso, ma magari è così già da qualche giorno o settimana…

Ok, ok, so che volete sapere di che sto parlando. Bene, date un’occhiata allo screenshot che ho catturato, qui sotto (click per ingrandire, se non fosse sufficiente la dimensione).

 

Una semplice ricerca su Google
Una semplice ricerca su Google

Visto? Che vi dicevo?

Ah, non avete notato niente? Ma la URL nella status bar, non vi sembra strana?

Precisiamo: è quella che Google ha sempre utilizzato, almeno da che mi ricordi io. Però fino a qualche tempo fa nella pagina c’era un javascript, attivato dall’evento “onMouseOver” sul link del risultato, che faceva comparire nella status sbar non quella url coi parametri di google (che altro non fa che fare il redirect, dopo aver plausibilmente conteggiato il click), ma la url di destinazione. Adesso invece viene esposta la vera url attivata dal click.

Qualcuno può confermare?

Google I/O 2009: Chi di voi vuole andare?

io2009Con relativa facilità ho ottenuto anche quest’anno un invito per uno degli eventi più interessanti e meglio organizzati che si tengano al mondo, ovvero la Google I/O Developer Conference, che si terrà il 27 e 28 Maggio prossimi, presso il Moscone Center a San Francisco.

Le sessioni previste sono interessantissime, almeno a giufdicare dai titoli. Personalmente andrei sicuramente a vedere quelle su App Engine (promettono di far capire come sviluppare le applicazioni più complesse, su questa piattaforma), su Chrome ed il futuro di HTML 5, e sui sistemi carto/geografici.

E’ probabile che quest’anno io non riesca ad andare, quindi ho deciso di mettere a disposizione il biglietto. A chi? A dire il vero non ho ancora deciso. Provate a lasciare i vostri suggerimenti qui, nei commenti. Dovrei farne “un contest”? Oppure “mettermi” a disposizione, cioè trovare qualcuno che mi paghi il viaggio in cambio del “report”?

In assenza di suggerimenti più interessanti, credo metterò l’invito, del valore di 400 Dollari, a disposizione di Silvia e Pietro, oppure di Roberto. Ammesso che se lo meritino, of course…

Gmail, attachment multipli, ed errori nell’upload

Le barre indicano il progresso nel caricamento degli attachment

Le barre indicano il progresso nel caricamento degli attachment

Da qualche giorno Gmail ha introdotto piccole novità nel servizio di webmail. Una delle più evidenti (e più utili) è la feature che consente di selezionare più attachment dalla stessa finestra, invece che doverlo fare file per file. Al tempo stesso l’interfaccia mostra una comoda progress bar che rende più semplice per l’utente capire che il sistema sta effettivamente caricando il file scelto.

 

Queste feature sono state implementate utilizzando Flash in un piccolo frame. Purtroppo però questa scelta non è esente da controindicazioni. Per chi come me lavora spesso dientro ad un proxy/firewall, il meccanismo di upload fallisce miseramente (o meglio fallisce l’autenticazione), e costringe pertanto ad utilizzare il meccanismo classico, la cui attivazione non è tuttavia immediata (anche se ben spiegata nella relativa pagina di aiuto).

La soluzione è semplice: dovete andare su Settings (Impostazioni, nella versione italiana) e poi su General. In basso, quasi in fondo, trovate l’opzione per abilitare o meno questo “upload avanzato degli attachment”.

Va detto che questo malfunzionamento si verifica solo con certi firewall/proxy server, e non solo con Gmail. Ad esempio nel caricare una immagine in un post su WordPress sono costretto a selezionare il tradizionale “browser uploader” invece della più evoluta versione Flash.

 

Modificate le impostazione se volete tornare ad utilizzare il meccanismo classico.
Modificate le impostazione se volete tornare ad utilizzare il meccanismo classico.

Google PowerMeter: misurare per migliorare

Uno dei primi concetti che cerco di trasmettere nel momento in cui mi accingo – con una squadra, con un cliente, con un allievo – ad intraprendere un’attività o un progetto, è l’importanza della “misura”. Se non sono in grado di misurare un risultato (o, in altri termini, verificare il raggiungimento di un obiettivo) non ho elementi per migliorare.

Nel campo del consumo energetico la mancanza di strumenti di misura è un forte handicap a qualunque strategia di ottimizzazione possiamo pensare di applicare.

Google.org, la controparte non-profit dell’azienda di Mountain View, presenterà domani la sua proposta: il Google PowerMeter.

L’idea nasce dalla constatazione (suffragata da studi statistici) che conoscere il consumo elettrico (ed il corrispondente economico!) in tempo quasi reale è un importante incentivo psicologico alla riduzione dei consumi. Inoltre, con l’intelligenza sempre più attiva che viene applicata a molti elettrodomestici, questi potrebbero essere istruiti per attivarsi sono alle opportune condizioni (quando gli altri sono spenti, oppure nella fascia oraria in cui l’energia costa meno…).

E’ già previsto che 40 milioni di abitazioni americane vengano dotate di misuratori di consumo, che però non danno facile accesso a tali informazioni. Ancora una volta Google paladino della libertà d’informazione? O ancora una informazione che accettiamo di regalare?

EDIT: Non mi ero accorto di questo post sul blog ufficiale di Google.

Technorati Tags:

Fratello, dove sei?!?

Volete condividere la vostra posizione con gli amici? Se avere un account Google potete farlo, con il servizio Google Latitude.

E la privacy?

No, niente privacy. A differenza che nel caso di utilizzo di un GPS, il vostro terminale non è l’unico a sapere dove vi troviate. La vostra posizione viene infatti condivisa con i server di Google, e comunicata alla lista di amici che avrete selezionato (ed ammesso che loro accettino le condizioni di utilizzo del servizio).

Cosa fa esattamente Google Latitude?

Google Latitude “chiede” al vostro dispositivo le coordinate del punto in cui vi trovate, e come detto le condivide in rete.

Se non vedete il testo cerchiato di rosso, non avete tutti i prerequisiti per usare Latitude. Ma basta cambiare la lingua del browser.
Se non vedete il testo cerchiato di rosso, non avete tutti i prerequisiti per usare Latitude. Ma basta cambiare la lingua del browser.

Funziona solo dal cellulare, quindi…
No, funziona anche dal PC di casa o di ufficio. Mentre il cellulare mette tipicamente a disposizione delle API che il sistema può interrogare per conoscere la posizione via GPS o A-GPS, sul PC il framework Gears
(prerequisito obbligatorio) mette a disposizione una Geolocation API che sfrutta varie fonti dati, fra cui una mappa di moltissime reti wifi cittadine, per piazzarvi con una precisione piuttosto imbarazzante nel punto esatto in cui vi trovate.

 

Ok, voglio provarlo. Ma…a me dice che funziona solo dal cellulare!!!

Guarda bene l’immagine allegata a questo post. Se non vedi la porzione cerchiata di rosso, vuol dire che sul tuo browser non è possibile utilizzarlo. Magari non hai Gears installato (o attivato). Alcuni amici che hanno Chrome in Italiano mi dicono che non vedono quel messaggio: credo che il servizio (come nel caso delle funzionalità beta per Gmail Offline) venga messo a disposizione solamente degli utenti di lingua inglese. In tal caso è sufficiente installare la versione in inglese del browser. Oppure aspettare!

La posta di Gmail, anche se sei offline

 

Gmail, anche Offline!
Gmail, anche Offline!

Qualche giorno fa è stata annunciata dal team di Gmail la disponibilità di una funzione sperimentale per poter visualizzare utilizzare la posta di Gmail anche quando si è disconnessi dalla rete. Offline, appunto.

 

Com’è possibile? Un’applicazione web che funziona anche quando sono offline?

In effetti potrebbe sembrare strano, e invece è solo….pazzeschissimo! (cit.)

In pratica la versione offline di Gmail sfrutta le feature di Gears, un framework che si installa dentro il vostro browser e che dota lo stesso di alcune funzionalità accessibili via javascript. Tali funzionalità consentono ad esempio di memorizzare localmente le informazioni. Ma non solo: consentono ad esempio di creare una icona sul desktop (o nel menù Avvio) per lanciare l’applicazione in modalità offline.

Di Gears peraltro abbiamo già parlato, anche in tempi remoti, in particolare riferendoci a come il suo utilizzo potrebbe sconvolgere il concetto di applicazione web.

Uhm, dati in locale…ma è sicuro?

Mah, di sicuro c’è solo…no, vabbè, ricordate solo che siccome sul PC rimane traccia delle vostre email, certamente questa è una operazione che non dovete fare su un PC pubblico!

Ok, mi hai convinto. Come faccio ad attivare Gmail offline?

Innanzitutto ci sono dei prerequisiti, ovvero avere Gears installato, e quindi un browser compatibile (ad oggi Microsoft Internet Expolrer 6 o 7, Firefox, Safari e naturalmente Google Chrome, che Gears ce l’ha dentro!). Se serve (tranne che per Chrome) andate qui per installare Gears.

Infine seguite le indicazioni scritte qui. Traducendo rapidamente:

  1. Andate su Settings
  2. Click su “Labs”
  3. Segnate “Enabled” su Offline GMail

A questo punto compare un’iconcina in alto a destra (“Offline0.1“). Click, e la posta comincia ad essere scaricata in locale. (Dove, per la precisione?)

Ma a me non compare, nei Labs, la voce Offline Gmail!

Pazienza! Come tutte le funzionalità di Google viene rilasciata a poco a poco su tutte le utenze. La mia è stata attivata solo oggi!

Ma a me non compare neanche la voce Labs, andando su Impostazioni!!!

E infatti io che ho detto? “Settings”, non “Impostazioni”. Non perchè sia affezionato alla lingua inglese, ma perchè queste funzionalità sperimentali sono disponibili solo per gli anglofoni!

Un’ultima domanda: funziona anche per la posta in uscita?

Assolutamente sì! Se spedite una posta mentre siete offline, Gmail la mette nella “outbox”, e la invia alla prima occasione in cui rileva una connessione ad internet.

UPDATE: due piccole ma importanti note. La prima riguarda il doveroso link al relativo post dei Googlisti, che con grande tempestività ci avvisano sempre delle novità provenianti da oltre oceano. L’altro al completissimo post di Dario, che stamattina mi era sfuggito (anche se presenta un piccolo errore: i requisiti sui browser supportati sono meno stringenti – come versioni – di quanto da lui riportato).

Invia SMS da GMail

Tanto vale specificarlo subito: la feature è attualmente disponibile solo per telefoni cellulari degli Stati Uniti!

L'interfaccia per inviare SMS da GMail

Ecco come funziona. Semplicemente, dopo aver attivato la funzionalità nell’elenco di quelle disponibili nel tba Google Lbas, potete inserire nella finestrella di chat un numero di telefono (US Only, e senza prefisso internazionale) e scegliere “Invia SMS”. Si apre una finestra come quella che vedete riprodotta in figura.

Vorrei ulteriormente precisare che il servizio è disponibile sono per telefoni USA (quindi anche per utenti internazionali di GMail, ma solo con destinatari dei messaggi in USA) per ora. Il che lascia presumere che possano estendere il servizio ad altre nazioni. Chissà se lo faranno anche da noi, dove il costo di invio di un SMS è, per mia esperienza, più alto che in qualsiasi altro paese.

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