Piattaforma Facebook: l’analisi di Marc Andreessen

Molti di voi conoscono (e sono registrati) su Facebook. E molti di voi sanno che con cadenza praticamente giornaliera vengono rilasciate applicazioni per questa piattaforma.
Da fonti non ufficiali, ma confermate, apprendo che su iLike, una di queste applicazioni, annunciata appena un mese e mezzo fa, si registrano in questo periodo anche 300.000 (trecentomila!!!) utenti al giorno. Di sicuro una storia di successo.

Al punto che personaggi del calibro di Marc Andreessen ne hanno voluto analizzare a fondo le motivazioni. Ne esce un post che è lungo come un romanzo, e che naturalmente contiene interessantissimi spunti.

Innanzitutto la considerazione che, per definizione, una piattaforma è qualcosa di infinitamente più pervasiva di una qualunque applicazione, se non altro per il fatto che essa può essere riprogrammata dagli utenti (gli sviluppatori):

Veterans of the software industry have, hardcoded into their DNA, the assumption that in any fight between a platform and an application, the platform will always win.

Si fa quindi un parallelo con l’evoluzione della piattaforma PC dalla fine degli anni 70, evoluzione che si è trasferita con pari enfasi nell’industria del software “net/web oriented”.

La possibile obiezione dovrebbe nascere dalla constatazione che molte, anche famose, web application hanno pubblicato le loro API, anche API molto complesse e grandiose dal punto di vista funzionale. Ma qui siamo di fronte ad uno shift del paradigma: non è l’applicazione a rendersi disponibile, è l’intera piattaforma che abilita l’interoperabilità!

Viewed simply, this is a variant on the “embedding” phenomenon that swept MySpace over the last two years, and which Facebook prohibited.

However, what Facebook is now doing is a lot more sophisticated than simply MySpace-style embedding: Facebook is providing a full suite of APIs — including a network protocol, a database query language, and a text markup language — that allow third party applications to integrate tightly with the Facebook user experience and database of user and activity information.

Merita una lettura.

UPDATE: a 10 giorni di distanza dal mio post, ne esce uno di SkyTG24, che cita le stesse fonti. L’articolo contiene affermazioni piuttosto forti.

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